25/1/2017 - CONTRORIFORMA E FASTI DEL SEICENTO ESTENSE: IL TABERNACOLO DI SAN BARTOLOMEO DEI GESUITI A MODENA

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25/1/2017 - CONTRORIFORMA E FASTI DEL SEICENTO ESTENSE: IL TABERNACOLO DI SAN BARTOLOMEO DEI GESUITI A MODENA

25 gennaio 2017 ore 16,00

SEZIONE DI STORIA, LETTERE E ARTI

Graziella Martinelli Braglia

Il tabernacolo di San Bartolomeo, la chiesa modenese della Compagnia di Gesù, è opera tralasciata dagli studi benché esemplare dell'arte della Controriforma e fra le più fastose del Seicento estense. In pregevoli marmi, presenta una tipologia "a tempietto" dall'impianto ottagonale, a tre ordini e copertura a cupola. Sia l'architettura che l'iconografia, con la rappresentazione delle gerarchie angeliche e degli Evangelisti, seguono i precetti del cardinale Carlo Borromeo in materia di arredo liturgico, nello spirito post tridentino, oltre che i principi del fondatore della Compagnia, Ignazio di Loyola. Dalla Cronaca di Giovan Battista Spaccini risulta che, sul finire del 1620, i gesuiti si rivolgessero per la sua realizzazione al fonditore Giovan Battista Censori, all'orefice Cecilio Bezzi e al "maestro di legname" Giovan Battista Bassoli che ne avrebbe prodotto "i modelli", quest'ultimo privo, però, di una professionalità tale da farlo ritenere l'autore dell'opera. Diretto committente fu p. Girolamo Bondinari, confessore e consigliere dei duchi d'Este, che poco prima aveva ordinato al Pomarancio la Crocifissione con i santi Ignazio e Francesco Saverio da porre nell'abside, come dal contratto ora rinvenuto. Le fonti archivistiche, in parte perdute, tacciono sul progettista e sull'esecutore del tabernacolo: su basi storiche e stilistiche, si ipotizza che spetti agli architetti e lapicidi reggiani Francesco e Prospero Pacchioni, artefici di vari altari in San Bartolomeo nei modi della tarda Maniera. Il monumentale ciborio marmoreo, con colonne tortili e apparato statuario di Allegorie, rimarca la centralità prospettica e liturgica del tabernacolo e compone, con i portali del coro, una scenografica "macchina" che appartiene al barocco di pieno Seicento. La qualificazione estetica del presbiterio coinvolgerà lo stesso Francesco I d'Este per varie commissioni, quella della balaustrata, ad esempio, eseguita nel 1632 reimpiegando marmi prelevati dalla Cappella del cortile nel Castello di Ferrara.

La S.V. è invitata

il presidente di Sezione
prof.ssa Licia Beggi Miani

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